il tempo intervista carlo de simone

“L’Italia non andrà in rovina”

De Simone invita a non credere ad una narrazione catastrofista dopo la caduta di Draghi. 

IL TEMPO, venerdì 19 agosto 2022. Intervista di LEONARDO VENTURA

Molti continuano a fare una narrazione di un Paese in fiamme perché Draghi è venuto meno. Ma l’Italia non cadrà in rovina come molti cercano di far credere alimentando timori e incertezze. 

I dati raccontano una storia diversa. 

Al momento del giuramento del governo Draghi lo spread era intorno a quota 100, a giugno prima delle sue dimissioni aveva superato quota 200. Non solo. Durante il suo governo il debito è aumentato di oltre 110 miliardi da 2.644 a 2.756 miliardi nonostante il Tesoro abbia incassato oltre 10 miliardi di maggiori imposte rispetto all’anno precedente. Così come l’inflazione passata dallo 0,6% annua all’8% nel mese di giugno. I mercati però non si sono impauriti e lo spread non è schizzato. La differenza di rendimento con la Germania, termometro della stabilità finanziaria del nostro Paese, ha tenuto e non ha subito gli effetti della politica interna. Questo dimostra quanto l’Europa e la politica monetaria comune sia in grado di essere un regolatore efficace. 

Come vede l’economia reale? 

L’export nazionale ha superato i 300 miliardi nel primo semestre del 2022 con un incremento di oltre 56 miliardi rispetto al 2021. In proiezione potremmo superare la soglia dei 600 miliardi a fine anno con una crescita corale in quasi tutti i settori ad eccezione del comparto auto. Il dollaro forte non fa che aiutare le nostre esportazioni e porre l’italia al vertice nella manifattura a livello europeo. 

Insomma per ora non c’è motivo di allarme?

Non dico che non vi siano segnali di pericolo ma, oggi spegnere il fuoco è ancora possibile. Le nostre imprese hanno sviluppato negli ultimi anni una capacità di resilienza straordinaria e sono in grado di esprimere dinamismo e competizione. E forte è anche il nostro sistema bancario che ha pagato caro gli ultimi anni di falcidie e oggi ha portafogli di credito molto più sani e controllati rispetto al passato. 

Cosa deve fare la politica? 

Possiamo evitare la recessione se saremo in grado di indirizzare gli investimenti pubblici, continuare a marciare sugli obiettivi del Pnrr, cavalcare la transizione energetica e offrire gli strumenti alle nostre piccole medie imprese per sostenere il circolante. 

Servono aiuti e sostegni?

Non dobbiamo ripetere l’errore di regalare soldi a pioggia con politiche di helicopter money come avvenuto durante il periodo pandemico con i finanziamenti garantiti da Mcc e Sace. È fondamentale sviluppare l’economia dal basso. Dobbiamo sostenere la crescita patrimoniale delle imprese che consente loro di sopravvivere nel lungo periodo, di competere a livello globale e di accedere al credito secondo i nuovi modelli di framework. È anche fondamentale dare strumenti alle piccole-medie imprese, come il sostegno alla supply chain finance che, in Italia, vale circa 500 miliardi di assistito da strumenti di finanziamento del capitale circolante. Una manovra di sostegno da circa 350 miliardi che sta passando inosservata e che può costituire uno strumento efficace per dare accesso al credito alle PMI. 

Ci può aiutare il Recovery Fund?

Le risorse che l’Europa ci mette a disposizione non sono infinite, servono per fare investimenti. Ma per pagare gli stipendi e mantenere l’apparato della pubblica amministrazione, scuole e ospedali serve invece trovare risorse al di fuori del Pnrr. Inutile aumentare le tasse o aumenta re il debito. Meglio la spen ding review per ridurre e ri comporre la spesa.

Cosa fare per l’occupazione? 

Continuiamo a erogare la Cassa integrazione straordinaria invece di sostenere le imprese direttamente perché assumano o mantengano personale. Abbiamo dato soldi per far stare a casa le persone e non impiegarle; sarebbe bastato dare uno sgravio fiscale alle imprese che mantenevano le persone nel loro perimetro per avere un effetto positivo su crescita e fatturato. 

Cosa serve per aumentare gli occupati? 

Investire nella formazione. In molti settori a cominciare dalla logistica, dalla farmaceutica e soprattutto nei lavori specialistici mancano le risorse e il mercato del lavoro non è in grado di rispondere alla domanda delle imprese.

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